Dibattito su Roma: la relazione di Adriano Labbucci, Sinistra per Roma

Per fare cose diverse bisogna pensare diversamente

Di seguito la relazione di Adriano Labbucci, segretario di Sinistra Italiana Roma Area Metropolitana, all’assemblea del 15 marzo 2021 “Riprendiamoci la parola”

ROMA, LE ELEZIONI, LA SINISTRA”  Relazione Adriano Labbucci

Il titolo di questo incontro è “Roma, le elezioni, la sinistra. Riprendiamoci la parola”. Non vorremmo svegliare dal torpore o sembrare indiscreti svelando un segreto, ma a Roma si vota. Viviamo un paradosso. C’è una fioritura di analisi, ricerche, studi e libri su Roma, ma tutto questo non entra nel dibattito pubblico. Dai giornali, alla tv, all’ambito più politico, tutto si concentra sulle emergenze vere o presunte, o sul toto sindaco. Come si colma questo divario? Perché è chiaro che di fronte al declino che già viveva la città e che la pandemia ha esteso ed aggravato, non si esce senza un ripensamento radicale. Radicalità e discontinuità sono due parole essenziali se vogliamo appunto andare alla radice dei problemi.

Perché per fare cose diverse bisogna pensare diversamente.

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Le Primarie a Roma sono solo l’inizio

Le primarie, a Roma,  riguardano molto di più della scelta di un candidato Sindaco. Sono uno spartiacque, un sentiero che si biforca e che porta a due identità, prospettive e compagni di strada molto diversi, anzi, opposti.

Le primarie a Roma sono l’ultimo treno di un centro sinistra e di un partito – il Partito Democratico – che da anni ha perso il contatto con quella che una volta si definiva “base” e che oggi è il suo elettorato. Il suo “zoccolo duro” si è assottigliato come il permafrost e  soprattutto ha cambiato natura, con  votanti che provengono essenzialmente dalle classi più agiate; i suoi interlocutori, che dovrebbero essere i giovani, le donne, i lavoratori, i disoccupati, i cittadini delle zone più periferiche, sono diventati principalmente le cosiddette “forze produttive” e le tante categorie con i loro particolari interessi; il suo orizzonte, archiviata come utopia l’ambizione a un mondo migliore, si è per lo più  dissolto nella mera gestione di poteri e nell’infinita proroga dello “status quo”; la sua scarsa linfa vitale si sta esauendo nell’estenuante contendere dei suoi moti interni. Un pallido simulacro del passato, che gli slogan e i riti non riescono più a vivificare. Ma tutto questo l’ho già detto.

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