Guerra in Ucraina, come andrà a finire?

di Giorgio Bianchi

Come andrà a finire questa maledetta guerra iniziata di fatto nel febbraio del 2014 con la destituzione del presidente ucraino Viktor Janukovyc?  Lui aveva vinto le elezioni nel 2010 con una risicata maggioranza di quasi il 52%. La sua destituzione avvenne il 22 febbraio del 2014 dopo che da mesi andavano crescendo le proteste per la sua politica filorussa, proteste represse sempre più violentemente dalla polizia con decine di morti.

Nei territori ucraini, dove la popolazione aveva forti componenti  filo russi, le cose andarono diversamente. In Crimea il 16 marzo dello stesso anno, venne indetto un referendum per definirne la sua appartenenza, che vide favorevoli all’annessione alla Russia il 95% della popolazione. La validità del referendum venne però contestata sia dal governo ucraino, sia dagli Stati Uniti come pure dall’Unione Europea e dall’Assemblea Generale dell’ONU.

Sempre a marzo anche in alcune città del Donbass si svolsero alcune proteste filorusse. Queste proteste presero ben presto la forma di una vera e propria secessione che causò scontri tra le forze secessioniste filorusse, proclamatesi nelle repubbliche popolari di Doneck e Lugansk ed il governo ucraino.  Intanto il 21 aprile 2019 venne eletto a larga maggioranza Volodymyr  Zelens’kyj, attuale  presidente dell’Ucraina.

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Il destino dell’homo sapiens – di Giorgio Bianchi

Come ben sappiamo tutto è iniziato Il 24 febbraio 2022 quando le forze armate della Federazione Russa guidata da Vladimir Putin, diedero inizio all’offensiva militare scatenata per invadere il territorio ucraino. Questa aggressione violava apertamente il memorandum di Budapest, firmato il 5 dicembre 1994 dalla Federazione Russa, dagli Stati Uniti, dal Regno Unito e dall’Ucraina, con il quale la stessa aveva ottenuto assicurazioni da parte della Russia circa la propria sicurezza, indipendenza e integrità territoriale. Di fronte a questa aggressione l’Ucraina, sotto la presidenza di Volodymyr Zelensky reagì chiedendo e ottenendo dai paesi della NATO un sostegno con la fornitura di armi e di altri aiuti. Il sostegno venne concesso anche con lo scopo di scoraggiare l’aggressore a perseguire e proseguire una politica espansionista a scapito dei suoi paesi vicini.

Dopo oltre un anno di aspri combattimenti però il conflitto continua senza che si veda, almeno apparentemente, la possibilità che si giunga se non alla pace, almeno ad una tregua.

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Domenico Gallo: Ripudiare la pace e giocare a scacchi con la morte

(da domenicogallo.it e volerelaluna 12 maggio 2023)

Lo spirito di guerra comporta una divisione manichea dell’umanità, per cui tutto il male sta dalla parte del nemico e tutto il bene dall’altra. Il dissenso non è tollerato perché giova al nemico. La narrazione ufficiale della guerra, imposta come pensiero unico è quella dello scontro di civiltà, dei regimi autocratici che odiano la democrazia e vogliono distruggerla.

L’annunzio di pace della Resistenza è stato fatto proprio dai Costituenti che, con votazione quasi unanime, hanno decretato la cancellazione dello jus ad bellum dalle prerogative della sovranità espellendo la guerra, non dalla storia (non avrebbero potuto), ma almeno dall’ordinamento giuridico. Qui la Costituzione opera un’innovazione decisiva rispetto allo Statuto albertino, invadendo il campo della politica estera, che le Costituzioni dell’Ottocento avevano sempre considerato dominio riservato del sovrano. E lo fa gettando sul piatto il peso di valori e princìpi (il ripudio della guerra e la costruzione della pace e la giustizia fra le Nazioni) di grande spessore politico e morale, attraverso i quali viene costruita l’identità della Repubblica, il volto dell’Italia nelle relazioni internazionali. Non a caso nel testo dell’art. 11 compare il termine “Italia”, per indicare che il ripudio della guerra è un bene originario che appartiene allo Stato-comunità, di cui lo Stato-apparato non può disporre. L’apertura alla Comunità internazionale viene sancita stabilendo la supremazia del diritto internazionale generale sull’ordinamento interno («L’ordinamento giuridico italiano si conforma alle norme del diritto internazionale generalmente riconosciute» art. 10) e consentendo le limitazioni di sovranità necessarie «ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni» (art. 11). È stato proprio questo principio che ha costituito la porta attraverso la quale l’Italia è entrata in Europa e l’Europa è entrata in Italia attraverso la costruzione della Comunità/Unione Europea. Tuttavia le limitazioni di sovranità, anche se possono raggiungere livelli molto intensi, espropriando il Parlamento del potere di adottare le norme di legge riservate alla legislazione comunitaria, non possono scalfire il nucleo duro della Costituzione, quello che non può essere neppure sottoposto al potere di revisione costituzionale, vale a dire i princìpi fondamentali e i diritti inalienabili della persona umana (Corte costituzionale, 19 novembre 1987, n. 399). Il ripudio della guerra è riconosciuto dalla dottrina giuridica come uno dei principi supremi dell’ordinamento costituzionale ed è quindi annoverabile tra quelli che prevalgono su ogni eventuale vincolo internazionale, da qualsiasi fonte provenga (trattato, decisione di organi internazionali di cui facciamo parte, Comunità europea). Come tale dovrebbe se del caso essere garantito, se violato, dalla giurisdizione costituzionale e non può essere oggetto di revisione costituzionale.

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